E Cristo abiti nei vostri cuori per fede..." (Efesi III, 17:19)

Abbiamo tutti, più volte, veduto madri guidare, con amorevole persuasione, figlioli riluttanti; abbiamo letto che i viaggiatori, i quali desiderano raggiungere le alture delle grandi montagne, debbono seguire fedelmente le loro guide. E tutti sappiamo di essere arrivati a qualche esperienza, a seguito di indirizzi ricevuti e seguiti.
Il cristiano tende al più alto ideale; ma, come il bambino ed il viaggiatore, egli deve seguire una guida. E suprema direzione è la Parola della Scrittura; essa lo mena ai piedi del Salvatore.

Ma la Scrittura, appunto perché guida, va ubbidita fedelmente, anche là dove pare non armonizzi con le nostre vedute ed esperienze.
La Bibbia è il libro delle promesse. Ad ognuna, però, seguono una o più condizioni. Non dobbiamo discutere la lealtà di chi promette senza ubbidire alle condizioni, così come il malato non può obbiettare l'efficacia di un farmaco senza sperimentarlo.

Una delle più grandi promesse della Scrittura è, certo, quella contenuta nel versetto 19 del Capitolo 3 della lettera agli Efesini: "Conoscere la carità di Cristo, che sopravanza ogni conoscenza, acciocchè ognuno sia ripieno di tutta la pienezza di Dio."  Essa però fa seguito alla preghiera dei versetti 16, 17, di cui è come una conseguenza: "che voi, cioè, possiate conoscere la carità di Cristo, quando Egli abiti nei vostri cuori per fede".

"Che Cristo abiti nei vostri cuori per fede". Salomone ha scritto: "Confidati nel Signore con tutto il tuo cuore e non appoggiarti sul tuo intendimento" (Prov. III, 5). L'apostolo Paolo va più innanzi, e prega che Cristo diventi, addirittura, il sovrano del nostro cuore, centro dei nostri pensieri ed affezioni.
"Conoscere la carità di Cristo che sopravanza ogni conoscenza". Ecco il punto al quale si deve arrivare, ed allora tutto ciò che noi sappiamo in altri campi dello scibile diventerà un nulla in confronto della conoscenza dell'amore di Cristo.

I Cristiani di Efeso erano in pericolo di seguire insegnamenti umani, mossi da diversi venti di dottrina. E, forse, in alcuni si notava già troppa discussione e poca fede. Di qui l'enfasi data dall'apostolo alla parola "fede": "Cristo abiti nei vostri cuori per fede": fede, non conoscenza, questa sarà una conseguenza.

Cristo abiti, non un principio, un'emozione, un motivo; ma una Persona vivente. E cioè, il Cristo che l'Apostolo aveva predicato, morto sul calvario per i nostri peccati, il Cristo della resurrezione Principe della vita, il Cristo aspettato dai credenti. Lui doveva abitare nel cuore, non altri.
Solo dopo una intima comunione di vita, in cui non più noi, ma Cristo vive in noi, possiamo conoscere il suo amore.

Una simile esperienza aveva fatta Pietro quando esclamava: "Noi abbiamo creduto (prima parte) e conosciuto (conseguenza) che tu sei il Cristo il figliolo dell'Iddio vivente".

Conoscenza dell'amore di Cristo, l'avevano i martiri, che chiamati a scegliere, in presenza della morte, tra il culto all'imperatore e Cristo, avevano una sola risposta: "Cristianum sum", sono cristiano!

E la loro parola rivelava una convinzione profonda, da sorprendere e meravigliare gli accusatori medesimi, alcuni dei quali accettavano il Cristianesimo, eleggendo il martirio a fianco degli accusati. Eroi, come Stefano, vedevano la Gloria di Dio, e morivano benedicendo e perdonando.
E mi viene da pensare agli antichi profeti, ai loro messaggi brevi e decisi: "Così ha detto il Signore..." Parevano ambasciatori allora usciti dalla Corte di un Sovrano noto e potente di cui portavano comandi assoluti, incisivi.
Non dimentichiamolo: tali uomini avevano nel loro cuore una conoscenza sicura dell'amore di Dio.

"Che vai tu cercando di reggerti da te stesso, esclama Agostino, mentre non puoi?" E fu appunto quando il grande uomo ebbe accettato Cristo per fede che vide fuggire i dubbi che lo tormentavano. Altrove egli dice che, senza la guida del Signore, nulla poteva conoscere.

Così aveva prima di Agostino pensato Paolo e così, dopo e prima di essi, altri eroi della fede. Ma così, ahimè!, non pensano molti, che studiano di pervenire alla conoscenza di Cristo in forza dei loro ragionamenti. Stolti, che vogliono precedere la guida, o seguire direzione diversa da quella segnata dalla Scrittura!
I veri cristiani non esitano a riconoscere la loro incapacità a comprendere Cristo, senza che Egli medesimo, l'ospite del cuore, diventi il maestro dell'intelletto.

E persone umili convertite si affrettano a scegliere, col Salmista, il posto del bisognoso, e segnare il programma: Conoscere Cristo alla scuola di Cristo.

da una meditazione del pastore Giuseppe Petrelli
(prima metà del secolo scorso)
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Inviato da alex il

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