Stamani il fratello Filippo B. mi ha inviato una nuova email contenente una storia piena di speranza per molti ragazzi,  un motivo per gioire della "forza rinnovatrice" che trasforma il cuore di chi riceve personalmente Gesù.

La riporto integralmente. Mi scuso per l'immagine "dura" che ho inserito, ma quella è proprio la crudele realtà di molti ragazzi. Un motivo di preghiera e supplica al nostro Dio, per loro, per quanti si impegnano con  i tossicodipendenti e portano il lieto messaggio dove probailmente tanti non oserebbero.


Mi chiamo Beppe, e sono nato a Cremona in una famiglia di sani principi, dove mi hanno insegnava a frequentare buone amicizie ed essere educato con le persone che mi stavano vicino. Fino all'età di tredici anni sono stato sempre ubbidiente, ascoltando i consigli dei miei genitori. All'età di quattordici anni con alcuni amici cominciai a frequentare l'ambiente delle discoteche, a bere e quasi sempre dopo queste uscite quasi sempre tornavo a casa alle due o alle tre del mattino, ubriaco e sconvolto. Nello stesso tempo lavoravo in un panificio dove conobbi altri ragazzi con i quali cominciai a fumare marijuana e per molti anni sono andato avanti così, bevendo e fumando. I miei genitori non sapevano nulla perché mi nascondevo il più possibile e non mi aprivo mai con loro.

Nel 1974, il grande salto, con alcuni amici cominciammo a fare uso di eroina. Ricordo ancora la prima dose che mi fu presentata, eravamo in un giardino, e un mio amico sciolse la roba nel cucchiaino. Ricordo ancora le sue parole mentre mi chiedeva di porgergli il braccio. Era la prima volta che mi bucavo e avevo meno di 17 anni. Cominciai così a cercare soldi in casa mia per procurarmi l'eroina. Mio padre ben presto venne a sapere che facevo parte di un gruppo di ragazzi che giravano insieme per andare a rubare. Così un giorno venne da me e mi disse: "È vero che tu fai uso di eroina?" Io cercai in tutte le maniere di negare l'evidenza perché avevo paura di mio padre e gli raccontavo un sacco di frottole, fino a che un giorno venne verso di me, mi alzò le maniche della camicia, e vide le mie braccia segnate dalle siringhe che usavo. Mi pose delle condizioni: se volevo continuare a vivere in casa dovevo smettere di bucarmi, altrimenti avrei dovuto prendere la mia strada. Decisi di lasciare la mia casa e andai a vivere con un mio amico che al tempo spacciava droga.
Era una casa dove c'era un via vai di tossicodipendenti che veniva sia per comprare che per bucarsi. Mi inoltrai in quella strada che non abbandonai se non dopo 10 anni, facendo cose assurde, continuando a rubare e finendo anche in carcere. Lì dentro avevo molto tempo e cominciai a riflettere domandami che cosa stavo facendo della mia vita, il dispiacere provocato ai miei genitori, ecc... Ma neanche questo riusciva a fermarmi, continuavo ad usare eroina nonostante tutto, arrivai fino al punto di raccogliere siringhe per la strada, ero completamente stravolto e un giorno mi trovai mezzo morto, buttato sopra un marciapiede. Ricordo ancora quando venne l'ambulanza a prendermi, per portarmi in ospedale, pensai: "questa volta muoio". Quando mi risvegliai mi arrabbiai con gli infermieri dicendo: "Ma cosa mi avete fatto, io stavo così bene dove mi trovavo". Mi avevano tolto lo sballo e mi avevano rimesso in sesto. Cominciai a gridare e a battere i pugni sul tavolo. Scappai dall'ospedale e tornai per la strada, la mattina seguente ero di nuovo in cerca di eroina. Alle volte non mangiavo per due giorni, ero così legato e immerso nella droga che arrivai a pesare 45 chili, ogni giorno dovevo recuperare dalle 200 alle 300 mila lire per soddisfare il mio bisogno. Per 10 anni questo è stato il mio incubo.

Mio padre diverse volte ha cercato di venirmi incontro, e una volta mi portò in ospedale per farmi disintossicare, ma quando uscivo tornavo a fare quello che facevo prima, e pensavo che ormai quella fosse la mia vita. Un giorno, mi trovavo in un giardino di Milano ed ero seduto su una panchina pensando a come potevo far soldi, perché stavo male e avevo bisogno della mia dose giornaliera. Due ragazzi si avvicinarono a me e mi invitarono ad andare con loro in una comunità. Io dissi loro che avevo ormai provato con ogni mezzo ad uscirne, ma niente aveva potuto aiutarmi. Poi decisi di di seguire il consiglio, quando arrivai vidi dei ragazzi che avevano fatto la mia stessa esperienza e mi raccontarono cose meravigliose di come erano stati trasformati e perdonati da ogni peccato. Il responsabile della comunità mi disse che Gesù avrebbe potuto cambiare anche la mia vita, mi disse che c'era speranza anche per me e da quella sera stessa decisi di andare a vivere in questa comunità, che attualmente sta aiutando molti giovani. Una sera, proprio in questa comunità, gridai a Dio chiedendogli di perdonarmi i miei peccati, e Dio lo fece, dandomi la gioia di vivere. Ora io posso affermare che Dio è fedele perché mi conduce avanti superando ogni difficoltà. Dio è potente, può veramente cambiare il cuore dell'uomo.

Forse questa soluzione ti sembrerà semplicistica e inadeguata ma è l'unica strada per uscire fuori dalla morsa della droga.
Inviato da alex il

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