Nel silenzio, "Israele brucia". 80 mila evacuati. Netanyahu: ''E' terrorismo"
"E' la prima volta che usano un'arma di distruzione di massa". Roghi in tutto il paese. ''Una situazione spaventosa"

di Giulio Meotti

ROMA - La voce di Shmulik Tal, direttore dell'ufficio comunicazioni del Keren Hayesod, è rotta dall'emozione, mentre i roghi divampano in tutto Israele, raggiungendo Gerusalemme, dove sono stati appiccati da bombe molotov. La casa di Tal a Zichron Yaakov, la località più colpita, è appena andata in fumo. "E' una situazione spaventosa, niente mi aveva preparato a questo scenario scioccante, che ha colpito anche la mia casa, che è stata appena demolita", dice Tal al Foglio. "Il paesaggio verde della mia città natale, Zichron Yaakov, si è trasformato in un orrendo fumo nero, con gli scheletri di alberi che sembrano lanciare i loro rami per protestare contro il cielo marrone".
   80 mila israeliani hanno lasciato le loro case, in quello che il premier Benjamin Netanyahu ha definito "terrorismo". Il portavoce della polizia, Micky Rosenfeld, ha detto che dodici palestinesi sono stati fermati con l'accusa di aver appiccato il fuoco. "Metà degli incendi sono dolosi", ha confermato il ministro per la Sicurezza, Gilad Erdan, mentre quello per l'Educazione, Naftali Bennett, ha commentato: "Solo chi non appartiene alla nostra terra è capace di bruciarla". I media israeliani parlano di "Intifada delle fiamme" (già nel Mandato Britannico e negli anni Ottanta gli incendi dolosi sono stati utilizzati come strumento di violenza politica). Haifa, la terza città del paese, sembra una "zona di guerra" e settecento case sono andate distrutte. Italia, Grecia, Cipro, Turchia, Azerbaigian, Egitto e Russia hanno mandato aiuti. Le fiamme hanno lambito Gerusalemme e investito la superstrada che porta a Tel Aviv. Incendi nascono in posti lontani fra di loro, come Talmon, un insediamento in Cisgiordania, Shuafat a Gerusalemme est e Sajur e Naahf in Galilea. E' il secondo più grave disastro "naturale" della storia israeliana, dopo l'altro grande incendio che nel 2009 uccise quaranta israeliani (per la prima volta nella storia, allora Israele fece affidamento alla comunità internazionale). In attesa di accertare l'origine di questi nuovi terribili incendi, nei social divampa l'odio per gli ebrei. "Israele brucia" è diventato ieri il primo hashtag del mondo arabo e il terzo più popolare sui social network. Un tweet di Michary Rashid al Afasy, l'imam della Grande moschea del Kuwait, ha avuto 20 mila retweet e 15 mila like: Afasy aveva augurato "ogni bene" agli incendi. "Israele brucia" è comparso in oltre 128 mila tweet. In Egitto, l'hashtag più popolare è "Entità sionista brucia". L'imam saudita Mohammed al Arefe, che ha 16 milioni di follower, ha scritto: "Brucia l'entità sionista", augurandosi che "Allah liberi la moschea di al Aqsa". Il responsabile dei social nel mondo arabo del governo Netanyahu, Ofir Gendelman, ha condannato questa ondata di giubilo definendola "odio fanatico".
   Un account arabo ha scritto: "Suggerisco di inviare aerei che facciano piovere benzina sulle zone in fiamme. Voglio respirare l'odore di barbecue dei sionisti". Un account da Gaza: "Gli aerei russi che bruciano i corpi siriani ogni giorno stanno aiutando a spegnere gli incendi all'interno dei territori occupati". Un altro: "Allah, aggiungi benzina fino a quando non arrivi la loro fine". Anche il celebre capo della sicurezza di Dubai, Dhahi Khalfan Tamim, ha scritto su Twitter: "Israele prende il fuoco benedetto da Allah".
   Sono apparsi anche dei meme. Il sito di informazione egiziano Almogaz ha pubblicato un meme che mostra una persona che dice a un'altra: "Israele sta bruciando". Risposta: "Ottimo. Nessuno al mondo può sopportarlo". Ieri Yisrael Hasson, ex vicedirettore dello Shin Bet, il servizio segreto interno, ha detto che è la prima volta che i terroristi palestinesi usano "un'arma di distruzione di massa".

(Il Foglio, 26 novembre 2016)

Pompieri palestinesi per domare le fiamme ad Haifa

Dopo quattro giorni di incendi il fuoco minaccia le colline di Gerusalemme. Finora 13 arrestati, c'è anche un giornalista arabo

Al quarto giorno di strenua lotta contro il moltiplicarsi di incendi, i vigili del fuoco israeliani hanno bloccato le fiamme nella città di Haifa, ma si sono dovuti cimentare ancora con roghi minacciosi su colline vicine a Gerusalemme. Oltre alle condizioni meteo eccezionalmente avverse - fra cui una siccità di mesi, e venti che spirano con forza da giorni - il premier Benjamin Netanyahu imputa i furiosi incendi che hanno messo in ginocchio il Paese anche all'attizzamento di fuochi da parte di nazionalisti palestinesi. «Ci sono qua fondamenta di terrorismo, non c'è dubbio - ha affermato. - Noi vediamo cellule-cellule, non so dire se esse siano collegate fra di loro. Ma sono nettamente ispirate dalle reti sociali».
   Finora, afferma la polizia, sono tredici gli arresti di persone sospettate di essere collegate ad incendi. Fra queste anche un giornalista arabo sospettato di incitamento: ma l'interessato si dice vittima di uno sfortunato malinteso. Il suo testo, sostiene, era satirico.
Sostenuti da 18 aerei anti-incendi giunti da una decina di Paesi (fra cui l'Italia) e aiutati anche da pompieri palestinesi accorsi dalla Cisgiordania, i vigili del fuoco israeliani sono riusciti a sedare gli incendi sviluppatisi a Haifa, che giovedì avevano reso necessario lo sgombero immediato di oltre 60 mila persone. Finora c'era stato un solo precedente: lo svuotamento di Tel Aviv e Haifa nel 1991, durante gli attacchi missilistici di Saddam Hussein. Ieri gli abitanti di Haifa hanno potuto rientrare in città. Ma 700 abitazioni sono danneggiate.
   Investigatori della polizia cercano intanto di stabilire in che misura gli incendi - se ne sono avuti oltre 500 in tutto il territorio nazionale - siano stati appiccati intenzionalmente o anche per negligenza. Il governo denuncia con insistenza che una parte parte significativa di essi sono di carattere doloso. «Chi vuole bruciare Israele sarà punito con severità» ha ribadito Netanyahu. Da parte loro i leader politici della minoranza araba in Israele e i dirigenti dell'Anp hanno condannato chi nel mondo arabo si è compiaciuto per gli incendi in Israele. Hanno anche accusato Netanyahu di speculare su di essi per fini politici. In questo contesto di polarizzazione fioriscono sia le sortite più o meno stravaganti di esponenti religiosi sia le teorie cospiratorie. Gli incendi sono presentati come una 'punizione divina' sia in siti islamici (sarebbero la ritorsione per un legge che mira ad eliminare gli altoparlanti della moschee in Israele) sia in un sito religioso ebraico: là un rabbino dei coloni si dice sicuro che il governo Netanyahu paghi così il prezzo per non aver ancora realizzato una attesa sanatoria per le terre dei coloni. Fra le teorie cospiratorie spicca quella di un ex leader di Peace Now: avanza il dubbio che dietro alle fiamme ci siano sostenitori del premier israeliano. Essi, azzarda su Facebook, intenderebbero distogliere così l'attenzione da rivelazioni giornalistiche che rischiano di pregiudicare la carriera del premier per l'acquisto di tre sottomarini in Germania.

(La Gazzetta del Mezzogiorno, 26 novembre 2016)

Inviato da alex il

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