Ci sono libri che possono essere letti mentre si sta seduti in poltrona, in perfetto relax, magari anche ascoltando una bella musica di sottofondo. Bene, questo non è un libro del genere. Ci troviamo invece di fronte a un testo che, per poter essere veramente apprezzato, richiede che il lettore lo scorra avendo l'altra mano impegnata a sfogliare in contemporanea le pagine di una Bibbia, mentre magari trova anche del tempo per scrivere qualche nota di riflessione personale su di un quaderno.
 
D'altra parte non potrebbe essere altrimenti quando si ha di fronte un testo di Rinaldo Diprose, teologo e insegnante della Parola di Dio, apprezzato da tanti anni nel mondo evangelico italiano ed internazionale proprio per l'integrità del suo approccio al testo biblico, unito a una chiarezza espositiva e didattica tipica di chi ha dedicato una vita a questo ministero - Nicola Berretta
 
Indice:
  1. Dio creatore
  2. La natura trinitaria di Dio
  3. Le tre dimensioni della rivelazione
  4. Le prime istituzioni costituite da Dio: il matrimonio e il governo
  5. Un popolo eletto e il suo ruolo profetico
  6. La chiesa, il tempio dello Spirito santo
  7. L'uomo,fatto a immagine di Dio
  8. La salvezza
  9. L'amore - qualità essenziale
  10. La santificazione senza la quale nessuno vedrà Dio
  11. Gesù disse : "ritornerò"

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- la casa della bibbia

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Due annunci importanti

Gli apostoli rimasero turbati nel sentire Gesù dire che stava per andare dove loro non lo potevano seguire (Gv 13:33). Così Gesù li esortò ad avere fede in lui e poi fece questo importante annuncio: "Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, vi avrei detto forse che io vado a prepararvi un luogo? Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi" (14:2-3).

Alcune ore dopo, Gesù fece un altro annuncio riguardante il futuro, questa volta davanti al sinedrio. Rispondendo a una domanda del sommo sacerdote, disse: "Io sono; e vedrete il Figlio dell'uomo, seduto alla destra della Potenza, venire sulle nuvole del cielo" (Mr 14:62). Nel dire queste parole Gesù confermò un'antica profezia riguardante il momento in cui il regno degli uomini sarebbe stato rimpiazzato definitivamente e universalmente dal Regno di Dio (Da 7:13-14).

Nel giorno in cui fece questi annunci, il nostro Signore stava per offrirsi per i peccati del mondo, in qualità di Messia Servo. Durante i giorni precedenti a questi due annunci, aveva parlato apertamente della sua seconda "venuta" (Mt 24:3, 27,37,39). Si trovava sul monte degli ulivi che, secondo il profeta Zaccaria, sarà il luogo in cui il Signore verrà in gloria per combattere contro i nemici d'Israele (Za 14:3-5). La precisazione di Zaccaria: "Il Signore ... verrà e tutti i suoi santi con lui" (v. 5), presuppone che i santi saranno stati riuniti con lui in cielo prima della Sua manifestazione in gloria sulla terra. L'apostolo Paolo ribadisce quest'ordine di eventi in 1 Tessalonicesi. Pregò che il Signore rendesse i loro "cuori saldi, irreprensibili in santità davanti a Dio nostro Padre, quando il nostro Signore Gesù verrà con tutti i suoi santi" (3:13), poi rese i suoi lettori partecipi di una rivelazione riguardante il rapimento della chiesa (4:13-17). Quest'evento sarà seguito dal "giorno del Signore" ovvero il giorno d'ira, da cui coloro che credono in Cristo saranno risparmiati (5:1-11).

 

La Beata speranza

Una vita priva di speranza è, per definizione, caratterizzata dalla disperazione. Di qui l'alta incidenza di suicidi dove la sicurezza materiale è percepita come il valore primario e poi sopraggiunge una crisi economica. Più in generale quando non si vede una via d'uscita oppure viene meno la speranza di guarigione da una grave malattia, si crea un clima funesto di paura e di smarrimento.

In forte contrasto con questo scenario e lo stato d'animo che esso produce, è l'accento che gli scritti del Nuovo Testamento mettono sulla speranza, usando termini che ne indicano la solidità. Ad esempio Pietro benedice Dio perché "nella sua grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti" (1 P 1:3), una speranza che niente e nessuno può intaccare (v. 4). Paolo spiega che la speranza di coloro che sono giustificati per fede e hanno pace con Dio "non delude, perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato" (Ro 5:5). Quanto all'amore, niente può "separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore" (8:31-39). Ne consegue che questa speranza non viene meno di fronte alle afflizioni, anche perché si tratta della "speranza della gloria di Dio" e non di qualche vantaggio passeggio (5:1-4).

Nella sua Lettera a Tito, Paolo definisce la promessa della venuta di Gesù, "la beata speranza". L'apostolo sintetizza il cammino del credente in tre aspetti: salvezza per grazia, la rinuncia all'empietà e alle passioni mondane per vivere in questo mondo moderatamente, giustamente e in modo santo e, infine, la realizzazione della "beata speranza e l'apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù" (Ti 3:11-13). La realizzazione della "beata speranza" coinciderà con l'ultima, sostanziale dimensione della salvezza: "la redenzione del nostro corpo" (Ro 8:22-25).

Quando gli apostoli Pietro e Paolo affermano che quella del credente in Cristo è una speranza che niente e nessuno può intaccare, intendono anche la morte fisica, una sorte che è toccata a tutti i credenti, dal tempo degli apostoli fino a oggi. Il Signore rivelò a Paolo diverse cose concernenti lo stato intermedio di queste persone, ovvero riguardante il periodo che va dal momento della loro morte fisica fino al momento della redenzione del corpo in concomitanza con l'adempimento della promessa del Signore di tornare per accogliere i credenti presso di sé. Innanzitutto gli rivelò che l'essere assenti dal corpo significa "abitare con il Signore" (2 Co 5:1-8). Quando Paolo stesso affrontò la possibilità di dover affrontare questo passaggio, scrisse: "ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio" (Fl 1:23). Inoltre Dio gli rivelò che tutti i santi attualmente alla presenza del Signore torneranno con Lui, per partecipare personalmente alla realizzazione della beata speranza e per ricevere un corpo di risurrezione (1 Te 3:13; 4:13-17).

L'autore della Lettera agli Ebrei usa un'immagine molto suggestiva quando parla della nostra speranza: "questa speranza la teniamo come un'ancora dell'anima, sicura e ferma, che penetra oltre la cortina, dove Gesù è entrato per noi quale precursore, essendo diventato sommo sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec" (Eb 6:19-20). Infatti la certezza della speranza dipende, oltre che dalla vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte, anche dal fatto che Egli è entrato in cielo come il "precursore" di tutti coloro che sono santificati in lui. La sua presenza presso il trono di Dio costituisce, per chi si trova a vivere ancora sulla terra, un aggancio sicuro con la presenza di Dio analogo a quello che provvede l'ancora a un'imbarcazione.

Quando si medita questi brani diventa evidente che la prospettiva delle persone che sono "rinate a una speranza viva" è molto diversa da quella di chi rimane senza speranza. Non dovremmo mai perdere di vista il futuro che ci aspetta, anche perché più ci pensiamo e più la nostra vita attuale apparirà quella di pellegrini chiamati a essere sale e luce nel mondo mentre camminiamo verso la dimora celeste. Più viviamo in questa prospettiva e più diventa facile deporre "ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge" per correre "con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta. Per la gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce, disprezzando l'infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio" (Eb 12:1-2). In chiave analoga, quando parla della seconda venuta di Cristo, l'apostolo Giovanni osserva che: "chiunque ha questa speranza in lui, si purifica com'egli è puro" (1 Gv 3:3). Si tratta di una speranza che cambia non soltanto la prospettiva futura di chi la possiede ma che cambia la persona stessa a motivo della concretezza di tale prospettiva.

 

A proposito del momento del rapimento della chiesa

Oltre trent'anno fa ho assistito[1] a un dibattito sulla seguente questione: il rapimento della chiesa è da collocare prima, durante o alla fine della grande tribolazione di cui parla Gesù in Matteo 24:21? Tutti e tre gli studiosi evangelici coinvolti nel dibattito, Paul Feinberg, Gleason Archer e Douglas Moo, erano pre-millenaristi, convinti quindi che dopo il suo ritorno sulla terra (At 1:11), Cristo regnerà per mille anni sulla terra (Ap 19:11-20:6).

Il primo a parlare fu Paul Feinberg, secondo cui il rapimento avverrà prima dei sette anni della tribolazione. Prima di iniziare la sua presentazione, il fratello Feinberg fece questa premessa: "Io credo che i dati neotestamentari portino alla conclusione che il rapimento della chiesa avverrà prima della grande tribolazione. Però, se dovessi testimoniare le prime manifestazioni dell'anticristo diventerei «mid-tribolazionista», se poi dovessi assistere ai giudizi di Dio descritti nell'Apocalisse, diventerei «post-tribolazionista», senza che ciò mini in alcun modo la mia fede!" Questa dichiarazione, dettata sia dall'umiltà che dalla saggezza di questo fratello, fece sì che il dibattito si svolse in un'atmosfera di grande serenità, nella consapevolezza che il Nuovo Testamento non fornisce un quadro sufficientemente articolato sull'argomento da permettere di diventare oltremodo dogmatici al riguardo.

Sappiamo quali sono gli adempimenti previsti nel contesto del secondo avvento di Cristo. A questo proposito Pietro affermò che tutte le predizioni profetiche relative alla restaurazione di tutte le cose non ancora inadempiute devono trovare adempimento nel contesto del secondo avvento di Cristo (At 3:19-21). Invece non si può essere ugualmente dogmatici su come avverranno tali adempimenti o l'ordine preciso degli eventi. Le parole di Gesù: "ma quanto a quel giorno e a quell'ora, nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma il Padre solo" (Mt 24:36), sono di ammonimento. Fa riflettere che, nonostante Gesù potesse esigere che i farisei e i sadducei riconoscessero "i segni dei tempi" (Mt 16:1-4), neanche i profeti d'Israele avevano saputo stabilire con certezza quale sarebbe stato il rapporto fra "le sofferenze di Cristo e le glorie che dovevano seguirle" (1 P 1:10-12).

Troviamo una prima indicazione del momento in cui avverrà il rapimento dei discepoli di Cristo in un suo discorso profetico. Dopo aver fatto un elenco di cose spaventevoli che succederanno prima che gli uomini "vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole con potenza e gloria grande" (Lu 21:25-27), Gesù disse questo ai suoi discepoli: "Quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina" (Lu 21:28). Si tratta di un'indicazione orientativa che lascia a Dio, come è giusto che sia, di stabilire il momento esatto quando la nostra liberazione avverrà. Ma c'è anche un'altra ragione per il carattere generale di questa indicazione. Mi riferisco al contesto storico in cui gli apostoli rivolsero a Gesù la domanda riportata in Luca 21:7. Troviamo la forma più completa di questa domanda in Matteo 24:3. Gesù aveva profetizzato la distruzione del tempio, al che gli apostoli chiesero: "Dicci, quando avverranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine dell'età presente?" (Mt 24:3). Evidentemente gli apostoli non potevano immaginare la continuazione del tempo senza l'esistenza del tempio. Quindi, secondo loro, dal momento che il tempio stava per essere distrutto, doveva essere prossima anche la fine dell'età presente. Non avevano ancora compreso che, prima della fine dell'età presente, doveva intercorrere un ulteriore periodo di tempo in cui Gesù avrebbe edificato la sua chiesa (Mt 16:18) quale frutto dell'annuncio del vangelo. 

La risposta di Gesù agli apostoli, riportata nel seguito del capitolo 24 di Matteo e capitolo 21 di Luca, tiene conto di questo fatto. Di lì a poco Gesù avrebbe detto loro: "Ho ancora molte cose da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata; quando però sarà venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annuncerà le cose a venire" (Gv 16:12-13). È da notare il riferimento specifico a "le cose a venire". Quindi c'era da aspettarsi l'aggiunta di più dettagli inerenti agli ultimi tempi in cui possiamo aspettarci elementi distintivi riguardanti il futuro della chiesa oltre a ciò che era stato già rivelato riguardante il futuro di Israele e il mondo intero.

Due di queste aggiunte, riguardanti il futuro della chiesa, sono la rivelazione che Paolo ricevette al riguardo dell'evento che viene chiamato "il rapimento della chiesa" (1 Te 4:13-17) e questa precisazione che segue nel testo della 1 Tessalonicesi:  "Dio infatti non ci ha destinati a ira, ma ad ottenere salvezza per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo" (5:9). Quindi sappiamo che, o il rapimento della chiesa avverrà prima dei giudizi descritti nell'Apocalisse 6-19, oppure dovrà avvenire un tipo di protezione provvidenziale paragonabile al modo in cui Dio risparmiò i figli d'Israele dall'essere colpiti dalle piaghe che colpirono gli egiziani, al tempo di Mosè (Es 7-11).  

Sappiamo pure che quando il Signore tornerà in gloria sulla terra (Ap 1:7; 19:11-16), "il nostro Signore Gesù verrà con tutti i suoi santi" (1 Te 3:13). Inoltre sappiamo che "le nozze dell'Agnello" (Ap 19:6-9; cfr. 2 Co 11:2) saranno celebrate prima della venuta in gloria di Cristo, il che richiede che il "rapimento" della chiesa sia avventuo ancora prima. Qualcuno, forse per aggirare questa chiara indicazione cronologica, ha suggerito che il termine "santi" in 1 Tessalonicesi 3:13 si riferisca ad angeli e non a coloro che sono stati santificati in Cristo. Senza escludere che sia prevista nel numero dei santi una componente di angeli, non è possibile limitare questa moltitudine ai soli angeli, perché il termine "santi" viene usato nelle epistole di Paolo per indicare le persone, tanto Giudei quanto Gentili che, per grazia di Dio, vengono santificate dallo Spirito Santo per diventare parte del Corpo di Cristo (si veda Ro 1:1-7, 1 Co 1:1-2; Ef 2:19-22). Inoltre è da notare che il testo di 1 Tessalonicesi parla di tutti i santi, quindi ivi inclusi tutte queste persone.

Infine, può essere utile osservare che il termine parousia, tradotto "venuta" in brani come Matteo 24:3, 1 Corinzi 15:23 e 2 Pietro 3:4,12, si riferisce al secondo avvento di Cristo in tutti i suoi aspetti. Questo corrisponde al significato del termine parousia: "essere presente".  Quindi quando si parla della seconda parousia (it. "parusia") di Cristo, ciò non si riferisce soltanto a un momento, ad esempio il suono della tromba quando Gesù verrà per accogliere i suoi discepoli (Gv 14:1-3; 17:24), oppure il momento della manifestazione di Cristo in gloria quando "ogni occhio lo vedrà" (Ap 1:7), bensì al perdurare della sua presenza. La prima venuta, o avvento, del Messia durò circa trentatre dei nostri anni. Nel suo secondo avvento il Messia porterà a compimento tutto ciò che rimane da fare per adempiere le profezie (At 3:21) e per la riconciliazione di tutte le cose con Dio (si veda Cl 1:19-20; Ef 1:10; Ap capp. 6-22). Fra queste cose c'è l'esigenza "ch'egli regni finché abbia messo tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi" (1 Co 15:25; cfr. Sl 110:1)."

 

A proposito della realizzazione del regno di Dio

A proposito delle fasi della realizzazione del regno di Dio, dai libri profetici possiamo cogliere sia una dimensione storica sia una eterna di questa realizzazione, sebbene queste due dimensioni non siano tenute sempre ben distinte (si veda Isaia capp. 2, 11, 65-66). Soltanto dopo il primo avvento del Messia, alla luce del suo trionfo e compimento della salvezza, Cristo, per mezzo dello Spirito Santo, ha fatto sapere le varie fasi della manifestazione del regno universale di Dio, anche se tale distinzione sia stata adombrata nelle sue parabole riportate in Matteo 13:1-51. Per ora il regno di Dio cresce nella sfera spirituale per mezzo della predicazione e l'ubbidienza al vangelo (si veda Mt 13:31-32: At 1:1-3; 20:25; 28:30-31). Per quanto concerne il futuro, Paolo insegna che è necessario (gr. dei) che Cristo, dopo la sua seconda venuta, regni fino a ridurre "al nulla ogni principato, ogni potestà e ogni potenza. Poiché bisogna ch'egli regni finché abbia messo tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi" (1 Co 15:25-27). Si tratta di uno dei frutti della sua risurrezione (vv. 20-23). Poi, dopo questo periodo in cui gli "ubbidiranno i popoli" (Ge 49:10; Sl 110:1), Cristo "consegnerà il regno nelle mani di Dio Padre" (1 Co 15:24).

Similmente la Rivelazione affidata a Giovanni riguardante il tempo della fine prevede, per dopo il ritorno in gloria di Cristo, un regno storico di mille anni, un'ultima ribellione descritta, dopo i giudizi finali e il passaggio al regno eterno di Dio (Ap 19:11-21:7). Da affermazioni come quella di Apocalisse 5:10 apprendiamo che, sebbene il regno messianico avrà come il suo centro il popolo eletto e la città di Gerusalemme (Za cap. 14; Ap 20:9 "la città diletta"), anche la chiesa avrà una parte in questo regno. Per quanto concerne lo stato eterno, da Apocalisse 21:2-3 appare chiaro che ci sarà un'interazione perfetta fra i popoli di Dio nei "nuovi cieli e nuova terra in cui abita giustizia".

 

Il clima in cui viviamo e come rispondere

Il clima in cui viviamo è uno di negazione di tutto questo. L'uomo pone sé stesso come misura delle cose e scrive versi come "non credo nel peccato perché non credo in Dio!".[2] Tanto meno crede alla promessa della seconda venuta di Cristo. A questo proposito, Pietro scrive: "Sappiate questo, prima di tutto: che negli ultimi giorni verranno schernitori beffardi, i quali si comporteranno secondo i propri desideri peccaminosi e diranno: «Dov'è la promessa della sua venuta? Perché dal giorno in cui i padri si sono addormentati, tutte le cose continuano come dal principio della creazione». Ma costoro dimenticano volontariamente che nel passato, per effetto della parola di Dio, esistettero dei cieli e una terra tratta dall'acqua e sussistente in mezzo all'acqua; e che, per queste stesse cause, il mondo di allora, sommerso dall'acqua, perì; mentre i cieli e la terra attuali sono conservati dalla medesima parola, riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della perdizione degli empi" (2 P 3:3-7). Dopo aver spiegato il vero motivo per l'apparente ritardo nell'adempimento della promessa della seconda venuta di Cristo (la pazienza  di Dio, che non vuole che nessuno perisca), Pietro conclude: "Ma il giorno del Signore verrà come un ladro" (v. 10). L'apostolo si riferisce a ciò che la seconda venuta del Signore significherà per gli empi che negano la promessa della sua seconda venuta.

Per proteggerci contro questa mentalità negazionista, Pietro ci esorta a tener desta la memoria e a "ricordare le parole già dette dai santi profeti, e il comandamento del Signore e Salvatore trasmessovi dai vostri apostoli" (vv. 1-2).  Se non facciamo così rischiamo di diventare incapaci di discernere "i segni dei tempi" come i farisei erano incapaci di discernere i segni dei tempi relativi al primo avvento del Messia. E saremmo ugualmente inescusabili. Infatti Gesù ha pronunciato dei discorsi molto dettagliati che servono a metterci in guardia. Abbiamo visto che, verso la fine di uno di questi discorsi, Gesù disse ai suoi discepoli: "quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina" (Lu 21:28). Chi fa tesoro di questa informazione e degli avvertimenti contenuti nelle Lettere apostoliche (1 Te 5:1-11; 2 Te 2:1-11; 1 Ti 4:1-4; 2 Ti 3:1-9), troverà che la speranza non lo abbandonerà (1 Co 13:13). Anzi, essa apparirà sempre più "beata" mentre si avvicina il gran giorno de "l'apparizione del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù".

 

Conclusione

Alla luce di brani come Luca 21:5-27 e 2 Timoteo 3:1-5 appare sempre più evidente che "la notte è avanzata, il giorno è vicino". Quindi dobbiamo alzare il capo, sapendo che la nostra "liberazione è vicina" (Lu 21:28) e, contemporaneamente, incoraggiarci a vicenda affinché continuiamo a essere sale e luce mentre si avvicina il momento de "l'apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù" (Tt 2:13).

 

Per la riflessione personale o lo studio di gruppo

1.       Che cos'è esattamente la "beata speranza"?

2.       Vale la pena chiedersi quanto questa "beata speranza" incide sulle priorità che trovano espressione nella nostra vita quotidiana.

3.       Che cosa insegnano le Scritture dell'Antico e Nuovo Testamento riguardo al futuro regno messianico?

4.       Che cosa dobbiamo fare per evitare di lasciarci condizionare dal clima profano in cui siamo chiamati a vivere come pellegrini e dal negazionismo per quanto concerne la promessa della seconda venuta in gloria di Cristo e il suo regno?



[1] Questo dibattito ebbe luogo a Trinity Evangelical Divinity School, Deerfield, Illinois, USA, nel 1981.

[2] Io confesso, La Crus (Sanremo 2011).

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